Roma, 31 gennaio 2025
In materia fiscale, la Corte di Cassazione, con una decisione di maggio 2024, ha segnato un vero e proprio punto di svolta nella complessa questione dell’applicabilità della cedolare secca alle locazioni di immobili abitativi quando l’inquilino è un’impresa.
Per comprendere l’importanza di questa decisione, è necessario esaminare il contesto normativo, la posizione dell’Agenzia delle Entrate ed i contrasti giurisprudenziali che hanno caratterizzato il tema per oltre un decennio.
Il problema: perché la cedolare secca è cruciale per i locatori.
La cedolare secca rappresenta un regime di tassazione agevolata, introdotto dal decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011, che consente ai locatori di immobili ad uso abitativo di sostituire l’imposizione ordinaria (Irpef e relative addizionali, nonché imposte di registro e bollo sul contratto di locazione) con un’aliquota fissa (generalmente del 21% o 10% in casi specifici). Questo regime semplifica la gestione fiscale e, spesso, riduce significativamente il carico tributario rispetto all’imposizione ordinaria.
Tuttavia, la norma istitutiva della cedolare secca prevede una limitazione ‘soggettiva’: in base all’art. 3, comma 6 del D.Lgs. 23/2011, il regime non si applica alle “locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di un’attività d’impresa, arti o professioni”.
Questo passaggio ha dato origine a un acceso dibattito intorno ad una domanda in apparenza semplice: la limitazione riguarda il locatore (proprietario) o l’inquilino (conduttore)?
La posizione rigida dell’Agenzia delle Entrate.
Fin dal 2011, l’Agenzia delle Entrate ha fermamente sostenuto che la cedolare secca non è applicabile quando l’inquilino è un’impresa, anche se l’immobile è destinato ad uso abitativo (ad esempio, foresteria aziendale o abitazione per dipendenti) e sussistono tutte le altre condizioni richieste dalla legge. Questa posizione è stata ribadita in varie circolari, nelle quali si afferma che “per l’applicazione della ‘cedolare secca’ occorre porre rilievo anche all’attività del conduttore, restando esclusi dal regime i contratti conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, ancorché detti immobili vengano utilizzati dal locatario per soddisfare le esigenze abitative dei propri collaboratori o dipendenti.”
Il panorama giurisprudenziale: opinioni divergenti.
Negli anni, le opinioni dei giudici tributari si sono divise tra:
- decisioni favorevoli ai locatori: molti giudici hanno accolto la tesi secondo cui il divieto non riguarda l’inquilino, ma solo il locatore, e che l’Agenzia delle Entrate non può imporre limiti non previsti dalla legge.
- decisioni favorevoli al Fisco: altre pronunce, invece, hanno confermato l’interpretazione rigida dell’Agenzia, richiamando la necessità di un intervento legislativo per esplicitare l’ambito di applicazione della cedolare secca.
Questo dualismo ha lasciato molti locatori in una situazione di incertezza, costringendoli a scegliere tra due alternative:
- applicare la tassazione ordinaria, con un aggravio fiscale spesso significativo.
- optare per la cedolare secca e affrontare un potenziale contenzioso.
La svolta: la sentenza della Corte di Cassazione di maggio 2024.
Con la sentenza di maggio 2024, la Corte di Cassazione ha finalmente definito la questione, accogliendo le ragioni dei locatori.
Ecco i punti salienti:
- Nessun requisito soggettivo per il conduttore: la normativa istitutiva della cedolare secca non prevede limitazioni relative alla figura dell’inquilino. Pertanto, l’esclusione dall’agevolazione non può essere applicata ai contratti stipulati per uso abitativo per il solo fatto che il conduttore è un’impresa.
- Il principio di legalità tributaria: l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate è stata giudicata eccessivamente restrittiva e priva di fondamento normativo, in quanto viola il principio secondo cui le agevolazioni fiscali devono essere disciplinate dalla legge.
- Finalità della norma: la Corte di Cassazione ha sottolineato che la cedolare secca mira a semplificare il regime fiscale e a incentivare la locazione di immobili abitativi. L’esclusione basata sul tipo di conduttore contraddice questo obiettivo.
Conclusione: gli effetti della decisione.
Dopo oltre 12 anni di incertezza, la sentenza della Corte di Cassazione rappresenta una vittoria significativa per i locatori che affittano immobili abitativi a imprese, aprendo loro nuove opportunità.
Tuttavia, alcune questioni pratiche restano aperte, come la registrazione telematica dei contratti con opzione per la cedolare secca che, attualmente, non è resa possibile dai sistemi dell’Agenzia. Per questo è auspicabile un intervento che possa allineare la prassi amministrativa alla normativa, così come chiarito e richiesto dalla Corte di Cassazione.
Come Avvocato degli investimenti immobiliari, il mio consiglio è di valutare attentamente le implicazioni pratiche e fiscali di ogni scelta, considerando le specificità del rapporto e la personale propensione al rischio, per sfruttare al massimo le opportunità offerte da questo nuovo scenario.